Il programming nutrizionale

In Europa esiste un diffuso problema di obesità, dai Paesi del Nord a quelli del Sud. Purtroppo l’Italia è uno dei Paesi europei con la più alta prevalenza di sovrappeso in bambini di età compresa fra i 7 e i 9 anni, infatti nel nostro paese il 24% di bambini è sovrappeso ed il 12% è obeso. Nelle regioni del sud il problema è più diffuso: i due limiti sono infatti costituiti dalla Valle d’Aosta, che ha solo il 23% di bambini sovrappeso o obesi, e dalla Campania, che presenta il 49% di bambini sovrappeso, includendo anche quelli obesi.

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È ormai noto e accettato che l’alimentazione nei primi anni di vita può avere effetti a lungo termine: è questo il concetto alla base del “programming”.
Il programming è un processo in cui uno stimolo positivo o negativo in un periodo specifico della vita produce un risultato permanente o a lungo termine sulla salute. L’ipotesi del programming, ampiamente dimostrata dagli esperimenti in laboratorio, ha modificato l’approccio alla nutrizione infantile dal secondo semestre di vita: mentre prima l’alimentazione consigliata era volta a promuovere una crescita a breve termine entro i limiti delle curve di riferimento e a prevenire carenze, ora ci si orienta verso un approccio che garantisca uno stato di salute ottimale nella vita adulta.
Quella del programming nutrizionale è quindi una teoria sostenuta da basi scientifiche secondo cui lo stato di salute in età adulta è influenzato, e dunque “programmato”, anche dallo stile alimentare nella prima infanzia e, ancora prima della nascita, da quello seguito dalla mamma durante la gravidanza. La teoria del programming aiuta a comprendere come nelle prime epoche di vita l’ambiente, e in particolare l’alimentazione, può “plasmare” un individuo al di là dei suoi caratteri genetici. In tale ottica l’alimentazione nella prima infanzia assume un significato importantissimo come fattore di prevenzione a costo zero, e può avere un impatto notevolissimo nel contrastare l’epidemia di obesità in età pediatrica.

I PRINCIPALI SQUILIBRI

Gli squilibri nutrizionali possono presentarsi più facilmente dall’inizio dell’alimentazione complementare, poiché prima il latte materno garantisce un perfetto equilibrio. Nel corso del secondo semestre invece, i lattanti vanno molto facilmente incontro ad un eccesso di assunzione di proteine con un conseguente carico dei sistemi di depurazione delle scorie azotate.

Un eccesso di assunzione proteica inoltre è uno dei fattori che predispone all’obesità, per cui prendersi cura dell’alimentazione di un lattante non vuol dire solo stare attenti alla copertura dei bisogni nutrizionali immediati, ma vuole anche dire fornire salute a lungo termine anche in età adulta.

Un altro squilibrio grave può essere causato da una scarsa assunzione di grassi che invece sono molto importanti per lo sviluppo ottimale del sistema nervoso, per il trasporto di vitamine liposolubili, per soddisfare il bisogno di acidi grassi a lunga catena, ma anche per un buon sviluppo del gusto e per educare ai sapori, poiché i grassi sono i trasportatori degli aromi dei cibi. Un’alimentazione povera in grassi è quindi un’alimentazione insapore che non incuriosisce il piccolo e favorisce un’alimentazione monotona e selettiva. Per ciò che riguarda i micro elementi due sono le carenze a cui i lattanti possono essere e sono esposti: la carenza di ferro e di calcio.

La sostituzione di una poppata con un pasto non a base di latte, infatti, abbassa l’assunzione di calcio. Soddisfare il bisogno di ferro è poi estremamente difficile, ma necessario visto che il ferro non è solo importante nel metabolismo dei globuli rossi, ma anche in quello dei neurotrasmettitori. Secondo l’OMS per soddisfare l’assunzione raccomandata di ferro occorre utilizzare alimenti arricchiti oppure considerare l’idea di un’integrazione farmacologica, secondo le disponibilità locali e gli orientamenti del pediatra e della famiglia.

COME SI POSSONO EVITARE I RISCHI DI CARENZA DI FERRO?

L’elevata biodisponibilità e quindi l’elevata percentuale di assorbimento di ferro garantito dal latte materno, fa sì che l’allattamento al seno costituisca la migliore garanzia di apporto ottimale di ferro al lattante, specialmente nel primo semestre di vita.

A partire dal secondo semestre, il volume di latte materno può non essere più sufficiente a coprire gli aumentati fabbisogni del lattante ed è pertanto necessario introdurre nella dieta quotidiana alimenti che lo contengano in elevate quantità, come ad esempio la carne in generale e in particolare la carne rossa, che deve essere presente da subito nella prima pappa di inizio dello svezzamento; nel caso di allattati al seno, l’introduzione della carne dovrebbe precedere alimenti che contengono poco ferro e che possono interferire con l’assorbimento dello stesso, quali verdure e frutta.

Ovviamente, anche nel corso del secondo semestre di vita ed oltre, l’allattamento al seno va proseguito e, in assenza di latte materno, le formule lattee disegnate per l’infanzia sono assolutamente adeguate a soddisfare i bisogni dei più piccoli. Il latte vaccino dovrebbe essere utilizzato a partire dal secondo anno di vita, preferendo in precedenza i cosiddetti “latti di crescita”, adeguati alle esigenze.

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